Al Manac

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ŠAMŠAD ABDULLAEV – VERSI (pubblicata sulla rivista "FERMENTI" # 224, Roma, 2002)
Traduzione in italiano di Paolo Galvagni

Dalla raccolta "Promezutok" [Intervallo] (Pietroburgo, 1992)
Oltre la linea
Dal vero
Qui e ora
Conversazione con un amico: casa, strada
Veduta dalla finestra
La posizione delle cose
Paesaggio
Dalla raccolta "Medlennoe leto" [Lenta estate] (Pietroburgo, 1997)
Vastita a mezzogiorno
Epilogo
Un film dimenticato degli anni '20
Doppio mezzogiorno
Fine della citta, sogno
Attimo, stanza
Estate: sonno

Una localita dimenticata
Tempo fa, poco fa
Itinerario
Strada
Fine della settimana, film
Attorno alla musica
Dopo mezzogiorno
Estate, lettura
Il fotografo
Sabato. Inverno
Alcune pagine del fotogiornale
A proposito di una fotografia greca
Pausa: periferia cittadina
Pesantezza estiva
Una cittadina
Sud
Domenica alla fine della citta
Il Ventaglio


Oltre la linea

L'irrequieta discesa vicinale, la strada orribile
(grigia, nero bluastra, opacamente pallida),
l'odore insinuante della benzina nella sporca calura senz'ossa;
noi siamo in un'automobile intimorita,
che volteggia alla cieca, come un prigioniero, in un gorgo estivo,
dove non c'e alcun tratto a noi caro – consolatorio.
Siamo in due – come racchiusi in questa cifra,
che ci ha accolto nel silenzio della fratellanza.
Come volare verso una meta inutile
nel vuoto caos di un vuoto paesaggio,
mentre ci segue, ci segue
lo sguardo indifferente, giallo rosso, giallo nebbioso
di un oscuro gregge, che brulica nella vastita porosa
sotto l'estenuante velo di una foschia accecante
(gli animali, conservando la caparbia minutezza in lontananza,
ci accompagnano quasi separatamente – con una gravosa ripugnanza). E tuttavia:
che obiettivo e questo,
se non e possibile immaginarlo?
Il mio amico – si slaccia i bottoni superiori,
tenendo il volante con la mano libera – il mio amico:
"Sto male per questo quadro,
esso ricorda il vomito, che
con esultante rozzezza ha invaso il mio sonno mattutino.
Sto male", – ha ripetuto,
quasi pregasse per qualcuno, o invocasse qualcuno,
che ora e tanto indifferente a tutto
da essere anche libero dall'indifferenza.
Il meschino fruscio – di gomma – delle ruote:
siamo passati accanto alla linea triturata
della misera erba. Chiudo gli occhi
e vedo: la distesa d'argento,
i ghirigori dei gabbiani, le reti dei pescatori,
le roche onde colpiscono
qualcosa di enorme, invisibile, nobile;
e la riva gallese, oppure il sassoso
deserto rosato di Algeri,
o la Storia stessa, che ha adombrato l'abisso d'acqua.
Apro gli occhi:
sono ancora spaventato,
c'e il mare, come ha detto Auden una volta, –
e senza forma.
^

Dal vero

Le finestre azzurre, le pareti grigie, l'orizzonte
appena tratteggiato; la porta ha sbattuto ed e sopraggiunta
la vastita, bruciando le labbra rosse.
L'oscuro odore della terra in putrefazione. Appoggiati
i gomiti sulle venature di pietra, ci siamo rasserenati – come
i suicidi. Arde
la tagliola arrugginita. E le lucertole assecondano
lo scialbo rilievo di fiacchi oggetti.
Allo spazio
si avvinghiano pesantemente sporche cornacchie, che qui, nel deserto
arroventato sino all'incandescenza, bisognerebbe scacciare
in ebraico antico. Una folata alla tempia…
vorresti? No, non adesso;
con l'eta e piu trasparente, piu vicina
la terrena crittografia. Come un tempo la Citta eterna tacque
un'ora prima dell'arrivo dei barbari – cosi si e addensato il silenzio.
Il terreno
non osa trasalire. Solo una formica solletica le dita
incrociate,
e Azrail (1) e sempre in attesa.
^

Qui e ora

Ecco siede di fronte alla porta del balcone;
soffia il vento – una ferita. La luce frusciante
rosseggia e si smorza nello specchio rettangolare – cosi un gabbiano
si agita sulla lontananza marina dopo un lento naufragio. Nell'infanzia
(in fotografia) era molto bello:
non un cherubino barocco, ma, diciamo,
Renoir il giovane. Si e incurvato – l'angelo
( il padre morto, o il precettore immensamente amato) ha tolto
la mano destra dal suo petto. Un fugace tremore,
e un piccolo menestrello che frinisce in una gabbia per uccelli. Mi
inquieta non la realta, ma la giumella di oppio, in cui
e celata la realta, confessa lui senza distogliere gli occhi
dal vetro della finestra, dove grosse mosche si sono accoppiate. In un angolo
il ventilatore scuote il capo:
e forse la fine dell'esilio? Forse la fine?
^

Conversazione con un amico: casa, strada

Nessuno si mette in viaggio. Vacilla
sotto le finestre la polvere turbinante – il vento
inquieto e luminoso di aprile spira con lenti cerchi,
come se in questo momento tu leggessi le lettere di Flaubert.
Non c'e fretta. La moglie
di un vecchio tossicomane, nella cucina dei vicini,
ha fatto cadere un uovo. Per rasserenarti,
potresti sederti sulle ginocchia
e raccogliere il guscio rotto in tre parti,
gustando la succosita di ogni secondo. Perche taci?
La, dove guardi, un uomo si e appoggiato alla parete,
non si muove, lancia solo monotoni singhiozzi,
guardando senza curiosita il piccolo vortice
davanti. E cosi indifferente, non vuole
affatto insistere sulla
propria verosimiglianza. Il trillo degli uccelli,
un mosca (anche morta) sul tavolo e il cuore afflitto:
questi messaggeri del fugace – assicurano
di essere reali ora. Flash back:
una donna ha finalmente raccolto i bianchi pezzetti, – nel buio
il cristallo senza brevi tintinnii ha chiamato a se
un giacimento freddamente luccicante.

Trillo degli uccelli.
^

Veduta dalla finestra

Una macchina passa accanto; la facciata del cinema.
I cani vagano sotto i pontili, mentre
una donna con i capelli tinti di argento marino
(scricchiolano come una lamina?) si accinge ad attraversare le strisce zebrate,
e certi oscuri fluidi assillano il suo portamento –
la maschera indiana sul vetro posteriore dell'auto
non e in grado di placare il proprio rancore rituale;
la lenta cadenza di un clacson in lontananza,
che costringe all'improvviso ad avvertire il borbottio delle tortore qui,
sul davanzale; le verghe brutalmente pungenti
dei cespugli incolti. E piu arduo
ricordare il resto, ma mio fratello,
sdraiato sul divano, legge Arnold Toynbee (2)
con due vu doppie delle dita sul libro, ricordiamo
le lezioni di inglese, il cortile della scuola, l'ottusita dei professori,
incapaci di insegnare senza dolore
che la liberta e solo la possibilita
di compiere il bene. Che cosa vorresti? Egli ha risposto
(per ultimi sono apparsi: la porta,
chiusa da assi, il fienile vuoto,
due – tre panchine, le pietre dalla fronte ampia,
che parevano aspettare un segno divinatorio o
il brusio di una qasida (3), sussurrata in pseudo arabo
da un allievo di Oxford in una fresca serata scialba, il suo
profilo di pallide efelidi protegge da noi
gli sfondi di Constable) (4): solo due cose – un po' di bel tempo ed essere
un disc-jockey e non uno storico.

Mezzogiorno di maggio, una macchina e passata accanto.
^

La posizione delle cose

La tempesta e il vento a raffiche; una donna
con un soprabito rosso sino ai talloni corre attraverso uno spessore roboante
sul bordo di un campo arato, su una strada vuota, lungo casette
tinte di bianco, come in una cittadina africana,
fondata un tempo
dai portoghesi. Nel museo
un ritratto maschile punta il mio sguardo, tenta
in silenzio di giungere alle mie pupille. Sotto e scritto:
"Lo sventurato Halderlein". Ecco una persona
con la museruola – come un granchio tetro, come una chimera di legno,
una maschera e attaccata
con mordace forza ferina al suo volto. Sento che ai miei occhi
questa parvenza e schiacciata e portata in nessun luogo, la dove
al malato appare una lontananza da incubo, e a noi
un delirio ululante. Ma due
fori, i due piccoli occhi rosso sangue, (quasi come
i buchi in una stretta cintura) gli sono lasciati come messaggeri
da la, dalla oscura anonimia del suo volto,
dove attraverso queste fessure egli ha comunque trascinato
la realta, tutto il nitido caos dello spazio furente.
Ma dove trovare un ordine? Nella preghiera?…
La malinconia nella sua avvilita esteriorita, sprecata
nella ricerca dell'altro. Folle. Per un attimo
sono sprofondato nel sotterraneo, all'inferno, ma all'improvviso
tu mi hai preso per un gomito, e siamo scesi per le scale
a bere un caffe, senza avvertire sotto i piedi
la rotondita scivolosa delle lastre. Gli artisti tedeschi…Partiranno domani…
Solo alla porta ho capito: Holderlin; mi sono sentito male
nel calore inacidito del caffe. Ho visto una donna,
che correva attraverso la pioggia grigia come un'allettante ombra rossa,
e una ciocca di suoi capelli era qui, accanto, su una pozzanghera gonfia,
luccicante per una venatura gialla, come
i piccoli di un serpente. Ci siamo seduti, per fortuna, – il biancore
dei tovaglioli mi ha salvato, mi sono tornate le forze.
Il tuo volto, amico mio, un gesto sereno, i tre astri della Cina tra noi
abbellivano un vaso. Ho visto
le gocce sul tavolo lucidato e ho sentito
un fragore masticante, incomprensibile, come suahili.
^

Paesaggio

La sedia e sbiadita per il sole – la veranda;
la tendina (ornamento grigio bianco, il bordo
ricurvo, ecco tutto) e uscita fuori, alla corrente gialla, coprendo
da lontano un campo di avena. La luna
della metempsicosi, – hai notato (da lontano). Due
bicchieri bevuti. Ieri nel mio sogno
pigri punti attraverso l'umido muschio di una roccia
hanno eroso una severa torbidezza – ci hanno non seguiti,
ma perseguitati fino a un tempio deserto,
dove all'entrata mi attendeva la statua inumidita di un ragazzo
vestito alla marinara e l'eccitazione; lascia,
ritorna in te. Le mosche,
che si dimenano sopra un girasole sgusciato. La luce
si trascina sul tavolo – si vede
che accanto alla tavola rossa ti si
gonfiano le vene sul polso. Sopra
scrollano la polvere, battono il tappeto. Un solitario
tifoso torna dalla partita e fischia nel pugno,
camminando sulle spighe spezzate verso la pendenza della strada. Qui
sei sereno, come questa stessa landa; il puro sole. Ma
sognavamo di raggiungere le rive britanniche e morire
nella "quiete celtica".
Hai forse dimenticato?
^

Vastita a mezzogiorno

Il paesaggio inglese, che lui sognava da dieci anni,
guardando l'angusta alba nella stringa sanguigna davanti al letto.
Lo Yorkshire, Saint-Ives.
I lontani profili delle valli dei minatori.
Stringeva il cuore, colmo di frantumati segreti infausti.
Era sdraiato con i vuoti occhi aperti,
anche se il mondo aveva sporto oltre il suo corpo di fellah
le esili formiche sul bordo di un cucchiaio appiccicoso.
Sul vassoio d'argento poggiava un frutto ondulato,
come se in una tomba di ceralacca si corrompesse a stento la mutezza
delle divinita,
ma nella stanza ribolliva l'aria,
come l'infuocato idolo di stracci, che era riuscito a dividere
due donne furiose con vestiti color pannocchia presso la steppa
rigata,
a sinistra, mentre un nero canale le aggirava accanto alle discariche.
Lui veniva qui ogni estate
e si sdraiava bocconi sul tappeto (lo stesso?),
come allettato dalla sua quiete intessuta in una stanza disabitata.
Un filo ronzava. Vedevi la polvere delle mosche sulla tavola di alzaia.
^

Epilogo

Il campo, squarciato dalle nubi nella grande distanza,
accanto a un fiume lungo un chilometro, – le gocce
di olio nero gia nel terreno di giugno. Per l'ultima volta.
Il suo braccio senza vene tra zampilli di sole sopra la tovaglia domenicale,
ma il caldo vento spinge secchi grumi di cavallo
sulla piazza pianeggiante. Chi sei tu
nel fuoco estivo? Una cicatrice sul collo muscoloso,
sogno contro i sogni, alcuni pesci di fondo,
tu cammini a piedi nudi sul pavimento a piastrelle,
sul bordo del tappeto, accanto a fragili pungiglioni,
accanto alle statuine di mongoli sul piano luccicante.
^

Un film dimenticato degli anni '20

A completamento di tutto, la fiamma estiva. Ne un albero, ne una tettoia di assi:
solo un muro bianco, invaso dal fuoco, – sotto di esso si inebetisce
un anemico gatto giallo (sembrerebbe morto,
se non fosse per la spaventosa premeditazione della sua posa). Quale
circondario deserto, permeato dal sole! Forse,
una pericolosa desolazione? Sulla superficie
polverosa e insicura della terra, sulle pietruzze lucide,
sui gradini di calce del muro,
il sole ha dissolto gli insetti – ovunque diversamente.
Tre giovani, come sagome di un altro quadro,
appaiono a destra. Non li aspettavamo forse? Nonostante
la crudelta della loro condotta, difficilmente lasceranno
graffi sulla commovente fragilita
della pellicola imbrattata. Sventurata pellicola. Tuttavia
non scoppiera, ne si rompera nulla: il mondo esiste,
finche qualcosa muove i giovani e loro muovono noi,
quando osserviamo come vagano, attraversando
il paesaggio e talora guardandosi attorno. Sono indifferenti
allo sfondo, alle tracce dell'abbandono – come se
soltanto l'indifferenza potesse
preservare la loro dignita. Vorrei avere
la loro serena fissita e i grigi
sandali francescani. E forse essenziale
che questa sia una "Localita presso il fiume Arno", come annuncia
la scritta sulla stringa superiore del fotogramma muto?
E molto piu importante che ora impariamo
a vedere fuori di noi, dove quanto non abbiamo trovato e ormai perso.
^

Doppio mezzogiorno

E innumerevole cio che non c'e.
Esso paralizza, qualcosa cambia, come se
un nero metallo penetrasse tutto in una vecchia guaina,
quando un uomo siede su una poltrona azzurra nell'atrio estivo,
e chiama il forte cane pastore attraverso il sordo tappeto.
Scrollerai le spalle – il sole scoppiera:
il marchio di basse case, come l'avorio, preserva un regno falciato
tra la parete del mazar (5) e l'increspatura di lontane cavallette.
La luce diurna, una magnolia, il miele
si sono deposti sui bordi di muti fiumi.
Perche e cosi e non diversamente?
(La polvere che ti succhia la fronte con un denso strato
e meglio delle voci dei classici). Di tutto
e detto con altri, in un altro pigiatoio, in un'altra terra.
^

Fine della citta, sogno

Ecco, ha detto lui, l'Arno, peste di specchi, un altro –
fiume dei suicidi. Sogni appena. L'aria
e noi siamo la, affondando nell'alveare di angoli argillosi.
La luce estiva interseca la profondita delle strade. Quanti
addendi celati e lo spasmo del mezzogiorno – come se
frecce numidiche roteassero verso il gonfiore della finestra. Ora
il soffocamento si divide tra il ciarpame di pietra
dietro la porta, lo sguardo di un gatto,
le pareti callose e un film fiorentino
tutto macchiato di eliofobia. Attraverso
la stanza un raggio misura la stizzosa
lanugine sotto i piedi e irrita
con una linea capricciosa le labbra schiacciate
o semina in esse un lieve vaneggiamento:
Italiam, Italiam, e l'ipnosi si strugge. Scende
un miraggio meridionale sotto gli occhi, sulla scorza
della lava raggrumata; siamo qui. Gli uomini e il paesaggio in lontananza
si separano, come la cenere.
^

Attimo, stanza

Una donna ha lisciato le sopracciglia; un lontano gemito
ritorna nel dittongo di un gatto, e in un angolo
stridono bagliori di seta. In luogo del salto
nell'inconscio – un movimento della mano, che traccia accanto
un oggetto spoglio:
magari bloccare il sopore, nel quale
dalle belle ginocchia scende plasticamente
una testa maschile, – calda per una carezza, – la capigliatura severa, i baffi
dell'epoca del Risorgimento. Apro la finestra. Nello spessore dell'acqua azzurra
affondano lentamente i piccoli archi rossi
delle unghie tagliate; la palpitazione, il paesaggio. Il vaso di vetro
e scoppiato – si e rotto in pezzi,
come se fuggisse all'aria aperta, dove il tuo corpo
si innesta su una stoffa bianca,
benche la quiete sia piu insopportabile, che se giungesse qualcuno
a soffocarmi: il sole.
^

Estate: sonno

Il gravoso aroma scintillante del sole di mezzogiorno, ma
un'ape ha battuto su un muro bianco, quasi fosse
uscita da un termometro arroventato; il momento
trapassa nell'attimo. Ho notato
un uomo, assomigliante a
Dylan Tomas: (mani in tasca) attraversa un terreno deserto,
i barattoli di conserva, la chiara calura veglia sulla
banale polvere. In lontananza
si ergono bambini abbronzati, sporchi, fiacchi – tacciono
come se adulassero la quiete ansimante. In questo momento
pronunziare una parola e piu difficile
che scambiare l'intreccio dei tronchi abbattuti
per i corpi di innamorati; accecamento, corsa. Uno sciame di mosche
furoreggia nel fumo luccicante come oro.
Sul tavolo levigato di una stanza luminosa
si e posata un'ape, pronta a diventare
la sensazione del tempo. Mi sono destato; sotto il tetto di ardesia
uno storno trillava follemente:
sparisci, sparisci.
^

Una localita dimenticata

Quanto vive, se arriva qui,
sia pure per poco, aggiungera un'ombra
alle altre ombre e la portera via subito. Oggi
c'e un vento cosi gravoso, che ha sospinto la fanghiglia
dal terreno abbandonato verso il ponte putrido.
Il granito e silente. Un cane
assomiglia al silenzio. Esso
ha eluso l'innocente trivialita dell'ululato, –
la scossa nervosa sotto il pelo e nelle zampe
e la copia di un latrato frammentario.
Lo sguardo membranoso del cane ora scoppiera
per l'inseguimento di un uccello verde torbido – pennacchio evasivo nell'aria autunnale.
Gli uomini, malgrado le esortazioni delle donne,
talora vengono qui, allora le loro riflessioni
vanno in un altro ordine – anzi, nel disordine.
Si possono capire: il vento, il terreno deserto,
la vicinanza dolciastra di piante sconosciute,
le case, che hanno patito una demolizione tediosa, e qualcos'altro – la perfida modestia dei giorni passati.
L'anno muore, e il paesaggio impallidisce in varie parti.
Queste parti dell'ambiente sono concesse l'una all'altra – anche
quelle piu accessibili allo sguardo non sono in vista,
ma stanno in superficie. E facile
notare la cima dell'unico mirto,
senza toccarla, e, al contrario,
e facile non notare un pezzo di tela catramata
e toccarlo. Cogliere
qualcosa, infinitamente caro, la percezione e impotente.
Il resto del paesaggio e l'ampiezza, verso cui
vanno gli uomini, se ne vanno a casa
su un autobus polveroso in una strada piena di buche.
La paura abbandona gli uomini, il loro tremore e diverso,
rispetto a quello che scuote la macchina e i freddi vetri.
^

Tempo fa, poco fa

Molte cose cambiano – qui, la, ovunque.
La mano di Visconti, che benedice il suo
ultimo film; la mano e la croce, Dio mio, quanta luce e fanghiglia,
mentre
uscivamo dal cinema, l'odore di pece incalzava in luogo della primavera,
come se mi rimpicciolissero e mi imbrattassero di una sostanza nera, che
avrei voluto masticare; accanto a un muro verde – una donna
guardava cosi soavemente un ragazzino,
quasi lo accarezzasse a distanza; a un certo momento
la voce di una cornacchia ritardataria sfreccio sul tetto del cinema, come
una citazione del Corano – un versetto particolarmente oscuro,
in cui si parla di qualcosa di bianco: il vuoto, il latte. Dietro l'angolo
si allungo per un minuto un corteo funebre,
non c'erano lacrime sopra il fango di marzo,
solo le falde delle giacche e i fazzoletti delle vecchie si scuotevano al vento,
quasi piangessero. Inoltre granelli volanti di sabbia sferzavano l'aria, per questo
l'importante ritmo funebre sembrava piu fuori luogo e perfino
impercettibile…
Ma tutto fu deciso
da quella mesta lentezza; qualcosa svani
dal petto dei giovanetti, essi lasciarono la paura
della morte per un'altra paura, corsero da lei,
nella sua stanza di zitella, – ci abbracciammo in tre,
ci avvinghiammo, come per un dolore, disperati. In quell'attimo
temevamo le sue labbra tanto, quanto la loro
assenza; con la mano viziosamente nuda
essa ci svelo per la prima volta il trucco – subito a entrambi.
I fiori azzurro chiari
sul davanzale tacevano con gelido biasimo – la loro
quiete attraverso la fredda freschezza fluiva in me
stranamente come i canti delle monache orsoline, che avevo ascoltato
da un conoscente melomane. Tu non sopportasti la loro estraniata ostilita,
furibondo strappasti il fiore piu grosso
come punizione per la sua altezzosa visibilita. Subito
echeggio un insopportabile pianto femminile lungo – lungo,
la soave tensione si sgretolo in tanti frantumi:
una punizione?
^

Itinerario

Poi i nostri incontri: che evocano giornate serene
e un solido tavolo, sul quale
la luce cade a strapiombo.
Le registrazioni del magnetofono, i film, il tenace telefono – un vero e proprio accordo contro la nostra noia.
L'ammasso di volgari case, il marciapiede deserto
alla finestra.
L'odore non assimilato di appartamenti altrui,
il caffe, la fredda bevanda al latte. E nessun
rimorso di coscienza. Le foglie piatte sembrano
prive di un ottuso riparo, tuttavia
e impossibile ricordarle. A proposito,
ricordi non le persone,
ma una loro singola proprieta. Forse a lungo?
Se vedi una persona per intero,
scompare, ma quando rimane,
con uno sforzo di volonta
puoi seguire un solo tratto
del suo volto, che – occorre astrarsi – un vento zelante fa in tempo a cancellare.
E tutto inizia da capo. Ricordi
le circostanze, che accompagnano l'amore (il dubbio),
ma piu tardi ci colpisce solo
la loro sequenza. Oppure questa
osservazione e un errore, fondato forse
su un'altra osservazione? Presto
il sentimento d'amore svanisce, sembra
che sia giunto da un lato, come
l'odore di un fiore, e che si sia dissolto alla finestra,
dove lo stesso marciapiede deserto non muta direzione.
^

Strada

Quando ci siamo avvicinati alla stazione,
tra noi e la cabina dello scambista
ha fatto irruzione un fischio, ineluttabile in tali casi,
il fischio di un treno
(un sibilo rapace, un fragore, o il battito di ruote, che irrita l'udito) – a divorare se stesso e la nostra malinconia per giunta;
ma ormai e sollevata la sbarra del passaggio a livello, scende,
come uno scuro uccello rigonfio, la pacatezza, a cui
manca solo l'intonazione della preghiera per diventare
quiete. Cosi, avanti o indietro? Due
uomini non sbarbati di campagna
con i calzoni imbrattati e chissa perche i cappelli nuovi
menano un asinello zoppo accanto a un segnale stradale,
assomigliano piu a missionari, che abbiano perso
l'eleganza cristiana tra i cannibali,
che non a tetri contadini, che per abitudine
o come casualmente mettono in moto l'anonimita
ereditaria nel trambusto delle citta, – avanti. La nostra automobile
corre, intontita dall'immensita della terra:
"La sono le foglie sulla neve e la freschezza invernale", mormora il motore.
Sia pure. I binari di scambio, i parcheggi, le pompe d'acqua, le cisterne – indugiano sopra il prato adiacente,
devastato da un trattore decrepito. Volgiamo
lo sguardo insensato, disperso alla strada, ingegnandoci
di non vederla, – forse proprio cosi
essa guarda se stessa, sara imponderabile,
come il volo invisibile e puro dell'infinito,
che pure abbiamo coinvolto nel nostro gioco:
la c'e qualcosa, la non c'e niente. La scelta
tocca sempre a te.
^

Fine della settimana, film

Il paesaggio: come un dono. Trasparisce
accanto al crepuscolo casalingo (sopra
la muffa settentrionale Dreyer ha forgiato il biancore –
inquadratura per espiazione, ha detto
un monaco irlandese e si e gettato in acqua,
dov'e storto il fango, e nel mezzogiorno nebbioso il fondo aleggia
sul lontano annegato) lo spirito
Consolatore.
Mangiano il bestiame, come pane eucaristico,
ma il sole nel cortile accanto fa impazzire
i cani e i vetri grigi. Gli amici, il movimento di mani in un caffe estivo.
Solo
le cose concrete hanno un nome. Il fiume, alzandosi, sopporta
la lucentezza dei rioni operai; da nessuna parte.
La polvere si inclina dietro una casa
verso un prisma di pietrisco: a mala pena
si inaridisce il vicolo cieco locale. Andiamo oltre, conversando sotto voce o
cantando "Salisbury". Non il caos,
ma un caos controllato, come il fiume, la cui corrente
solleva invano i morti:
i pesci, i suicidi. Un antico raggio
sprizza da una strada all'altra. Lunghe ombre
sono discese in una fresca camera dai tetti
meridionali: al contrario. Da
migliaia di oscure ventose e costituito l'attimo,
la sfaccettatura prosegue.
La cenere domenicale e tutta davanti agli occhi.
^

Attorno alla musica

I bimbi sono balenati lungo la finestra e, nascosti sotto la palizzata,
hanno preso dalle tasche quanto avevano
celato e protetto, – ma ora mostravano l'uno all'altro
quegli oggetti cosi, come se prima li avessero
a lungo tenuti fuori. Un uomo muoveva le forbici
tra i cespugli, quasi fosse una bambola (la scena muta
e durata fino alla fine del doloroso crepitio). Aveva
il volto di una persona sprofondata nella lettura
o in un altro volto, identico
per tutto il giorno. L'audace ozio
di giovani, appena effeminati, ma al tempo stesso
severi, che camminavano lungo muri cerimoniosi.
Si odono suoni. E strano
che la musica risuoni qui e ora e che noi
la prendiamo per "tutto il resto". Come spiegare
che in essa c'e la stessa rigida durata, sebbene
l'ascoltiamo in giorni diversi? Ma ecco
la pressione delle dita sui tasti
cede il posto alla stagione estiva. Iniziano
gli asfissianti giochi a palla tra i due marciapiedi. L'uomo,
appese le forbici a un ramo, si dirige verso casa. La passeggiata
dei giovani prosegue, e la strada
non arriva a sfiorarla.
^

Dopo mezzogiorno

La finestra e spalancata a meta estate.
Il battito di un uccello – e veloce,
veloce, ma cio non ha importanza. Il riflesso
dell'acqua putrida ha colpito
il sole; la notte gigantesca e dietro, come se
Lautreamont avesse gia attraversato l'oceano. Alle tre del pomeriggio
guardi giu, dove biancheggia ogni inezia
con la chiarezza del biasimo. Sotto voce
in una pallida camera leggono
una preghiera; chi? L'estate degli sventurati,
direbbe un mio amico.
^

Estate, lettura

Ora non si dorme; e la polvere solare si raccoglie sopra
la pelle olivastra; cosi
i fratelli baciano il padre defunto
sulla fredda fronte: il primo, il secondo. Il gemito dei gabbiani, un respiro,
una pietra purpurea. Tutto e semplice – un cane beve l'acqua dalla scodella, e una mosca, quasi
fosse lo spirito santo, non vede il vetro;
la porta e aperta sulla strada – un fascio di luce divora l'amaro muro cinereo,
confermando: oggi. E giu,
sotto la veranda, si intuisce un croco, ruderi, la scintilla di vane indovine.
In un libro la linea di un lago – li viveva Wordsworth, tu canti:
"ogni cristiano deve avere un cuore di leone".
Ritmo; un odore intenso; un cane ghermisce la soave terra.
^

Il fotografo

"Per ravvivare un paesaggio frigido,
colgo il momento, insudiciato da altri sino al logorio. Talora
l'oggetto e tanto bello nella casuale alterazione
(la giuntura di piccole ali sullo sfondo di una strada appuntita,
la maniglia intarsiata di una porta nell'immondezzaio,
un pezzo, simile all'ideogramma "shan", del recinto di un giardino) (6)
che, certamente, lascio tutto
come e, non fotografo – perche
denunciare un oggetto, che gia espone in vista,
come protezione o ornamento, il suo vacillante microcosmo? E sciocco
in un momento simile marchiare con il flash la realta disadorna
di solitari dettagli. Io non tocco
nulla – questa decisione mi sembra
uno scatto non realizzato
della macchina fotografica. Rimango inerte, come se con l'inerzia
rendessi le cose piu primordiali e misteriose di quanto
sarebbero se le fissassi",- dice e guarda.
Non guarda, ma mira alla realta: la smaschera, la giudica? Uno storno
ha velocemente attraversato la finestra in verticale – non sai
se hai visto l'uccello o l'hai sognato con misera concretezza? Una zingara
siede sullo steccato e muove le dita dei piedi, ma giu
il gatto la osserva, con gli occhi socchiusi,
incatenato con tutta l'indifferente fissita
ferina a questo movimento. Accanto all'altalena per i bimbi un vecchio
con la maglia slavata e il berretto di panno, guardando per terra, mastica,
mastica distrattamente tabacco, sputa, poi sorride per qualcosa, noi subito
perdiamo l'interesse per lui, come se avesse esaurito la sua natura
con la sola contrazione dei muscoli facciali. Su una scatola rivoltata
c'e una sacchetto sgualcito di carta, nel quale e avvolto
lo scheletro di un pesce, si piega e fruscia, quasi
desse segni di vita. Avanti, avanti; chiudiamo gli occhi.
Una catena di casualita. Mio caro, vedere
vuol dire trattenere; ecco tutto.
^

Sabato. Inverno

Il fresco della terra oscurata, l'alternarsi di strade, l'alto terrapieno
con lo scivolo precauzionale. Pensare al passato
non e resuscitare vecchie sensazioni, ma percepire nuovamente. Cio
che accade ora (una lite contagiosa di due amici
per la strada) ha gia avuto un epilogo
con una preistoria altrui. Le ciarliere onde aguzze,
la boscaglia pungente sotto un intonaco rispettabile, le casette distrutte
spariscono dietro un poggio pietroso. Gli estranei
reiterano quotidianamente una nostra antica azione
con tale regolarita, che rimane
soltanto la sua compiutezza. Un giorno
in un film semplice e tornito
balenera non un volto,
solo un'espressione autentica sul volto di un personaggio, – essa per te e il mondo intero: una volta tu,
mosso dalla passione, la raffigurasti, ora invece
la vedi con assennatezza, e la follia e svanita.
Attendere una scossa ravvivante,
che non ci sara. Credere in essa o credere almeno
che ci crediamo – significa donare
vitalita a quell'ambiente, che in sostanza non c'e.
Nodo di strade. Coppie di ragazzini in bicicletta – volti identici, ma con una comune aspirazione,
che rende ciascuno di essi eccezionale.
^

Alcune pagine del fotogiornale

Sfogliamo nella quiete – non piu velocemente
di quanto si passi la mano o una piuma variopinta
sul volto: destati… La vuota imponderabilita e un punto, la stagnazione, il paesaggio
numero undici, Melies e i suoi personaggi – le foto hanno certi titoli,
quasi che non sia lo spettatore a sceglierli, ma sembra
il contrario. Non e forse cosi? L'acqua
torce le mani, ma la riva fuoriesce
dalle onde, si gonfia, senza sussultare (sotto
la lente di ingrandimento cosi si rivelano, lacrimando appena, gli occhi
e sulla carta di tornasole uno scarabocchio) – la,
dove la risacca fa cadere, come ciarpame,
la sabbia, le perle e la levigatezza marmorea
delle dita (non si vede la mano), che tentano di intersecare il mio sguardo
a mo' di croce: un collage, penso io,
e appena piu visibile. Le suore corrono chissa dove, senza
sospettare di incarnare una tonalita semovente, scorgono
qualcosa dalla schiena dei soldati; per la strada e passato un tank,
rintronante come le migliaia di tifosi,
quando Rivera fece un gol eccezionale in semifinale, ricordi.
Ricordi la pelle di serpente al cimitero, nell'infanzia, la secca
estensione sotto il piede destro? La stessa sensazione adesso; perche?
Ecco le statue, si estinguono, degenerano in stupide
sculture; bambole di pietra annerite dal vento,
che sibila lungo un sentiero del parco
e urta sulla nuca un uomo con un esile palto,
incamminatosi, ricurvo, verso il lago, dove non c'e nessuno,
e in luogo dei cigni
c'e solo il desiderio di vederli. Poi
ricordi: Melies, anche lui amava il superfluo,
cesellava la magia della forma e accoglieva
la vita come una favola, anche
l'Affare Dreyfus.
^

A proposito di una fotografia greca

Il mare, un insetto, un cavallo. Guardare,
straziando gli occhi. Le mosche
sono emerse proprio nel centro – aria smorzata. Una pietra,
una piccola molla, un verme sotto la mano – un'intatta piccolezza terrena. Egli si e
addormentato nella posa di Belacqua (7); non e ne vivo
ne morto. Una lacrima,
come un ago, coglie il gonfiore delle labbra,
balenante sul volto riarso. Senza urlare
egli ha aperto gli occhi – anzi, essi stessi, per una sua
disattenzione, sono calati dalle palpebre. La cieca essenza
attraverso il millennio si e fissata
a un segnale stradale. Alla fine,
senza muoversi, egli lecca una goccia dalle labbra
e avverte il sapore della malinconia – sulla gengiva divina, in una taverna morta, in un letto altrui.
^

Pausa: periferia cittadina

La paralisi domenicale; ma c'e una vespa solitaria (perche
essa?) – questo pezzetto intatto di fremiti rapira
lo spazio pasciuto dalla quiete oltre
il bianco intreccio di strade, e il baccano dei bambini
striscia via verso le tane luminose delle finestre aperte. Non c'e
piu silenzio; la terra, senza struggersi,
sprigiona sonnolenza, come un venditore di stracci
sotto il sole cocente – un vecchio greco nel rione mussulmano, la mano
sulla testa di un bambino: la calura morente? una buona notizia?
Ci sono briciole di pane sul tavolo di cucina – quasi elfi morti. Un brusio,
polvere ondulata. Oh, caritas.
^

Pesantezza estiva

Il treno lentamente sale sulla collina, lentamente,
costringendo a pensare a questo – non si sa
che cosa sia piu lento, la lentezza stessa oppure
il pensiero di essa. Le terribili ruote secche premono
tormentosamente i binari oleosi, come se il treno stesse fermo,
e la cima della collina, cedendo alla sua inerzia, scendesse,
scivolasse verso di esso, allargandosi; ai finestrini dei vagoni
le vedute del paesaggio ripetono l'un l'altra con piattezza – come falsi quadretti, rozzamente appiccicati
a un tamburo dondolante, che inoltre
rotea con lentezza maggiore, doppia di quanto
puo. Nell'afoso scompartimento tacciono le voci degli uomini
(i passeggeri), l'aria si fa pesante, come una porta sgangherata.
Solo una fessura nelle labbra maschili aperte non e toccata
da goccioline di sudore, solo essa si oppone alla vergognosa fiacchezza.
I volti nella tortura estiva – un tempo caparbi e fermi,
ora imperscrutabili e umidi – non esprimono nulla,
oppure esprimono un'autenticita, che
i tratti del volto rivelano malamente. Una mano maschile
si allunga verso un bicchiere, le cui pareti sono roventi
per il te rosso scuro, d'un tratto si arresta
con lievita sopra di esso, come
nel fermo immagine, ma un vapore fibroso turbina tra le fessure
delle dita immobili. E la tendina cinerea, avendo perso
il colore naturale, arde completamente per il sole rigoglioso,
che accieca le colline. Lungo queste colline
si affolla una vegetazione piegata dall'afa:
polloni biancastri, ormai nodosi, qui e la riarsi,
straziati dalla fiacchezza, ma non quella che si chiama fiacchezza,
privi di qualita, oltre a questa indegna visibilita. Comunque
turbinano, simili al vapore, che si innalza accanto
al braccio disteso, – fluisce in alto affinche la mano
paia abbassarsi e cadere accanto al bicchiere non ancora raffreddato.
^

Una cittadina

Dopo la preghiera del venerdi, l'ultima ombra
si muoveva alle finestre – in lontananza
una donna con un vassoio rosso sulla testa,
o uno storpio con i calzoncini da scuola. Sparuti brillii
sciabordavano nel tuo cervelletto, per terra,
sul coperchio lucidato dell'orologio da parete,
scuro come limo secco. Di certo,
proseguendo la torpida lite, il tuo ospite dice: in questi suoni
(l'ago di corindone graffiava il disco nero) c'e tutto il romanticismo,
non di Blake, ma dei tempi di Swinburne. La luce
della grigia valle si accumula tra
le spalle, come gesso liquefatto. Per l'abbondanza di sangue
nel tramonto di giugno crepano le zecche
tra le fronde del Tachisme (8) dietro la moschea e i fili del telegrafo.
Un anno fa egli si contorceva nella branda di un ospedale, ora
ragiona fiaccamente della pederastia dei poeti inglesi
e cerca con le dita tra i capelli paglierini,
pullulanti di forfora piu minuta della manna
celeste. La frescura – come una strada
svuotatasi repentinamente, dove fino a un momento prima
imprecavano le donne del posto. Appoggi il bicchiere
sulla sporgenza di pietra accanto alla veranda, latrano i cani vicini,
che vediamo ogni sera sotto un masso di argilla
accanto alla cucina invernale nel cortile abbandonato,
presso il lago senz'acqua tra il crepuscolo rachitico.
^

Sud

Il profilo sul cielo, Izmail,
la statura media maschile sul torrente scivoloso,
e le pattumiere rotte – pervase dall'alba
tra anemici semprevivi alle sei del mattino.
Ora e estate, ma l'orizzonte assomiglia al tuo nervo sopracciliare,
curdo biondo. Una cupola di immondizia tra i piedi
e i laceri manifesti di vecchi cinema. Dove
l'ho visto – in fotografia, alla fine di un binario verniciato,
in un caffe alpino di fronte a una collina?
Con i capelli corti sul finire del secolo.
Un tempio estivo, l'acqua e senza barche e senza nebbia,
come se cacciassero le pernici, – la bocca,
pregna di sale tra le case piatte.
La scena della caccia altrui si molleggia
su tende di giunco, due persone con i fucili, i cani e gli uccelli,
che tu osservi ogni volta, quando
bevi il te nella camera di tuo padre, e si addensa il mezzogiorno.
La schiuma batte sopra le piccole tombe di fiume,
come se qualcuno con i capelli sciolti tremasse nella memoria infantile
davanti alla finestra, sulla strada, piena di pietrisco e polverose spine.
^

Domenica alla fine della citta

Alcune onde del fiume sotto la panchina – accanto ai piedi gli occhi dei miei morti,
che fluttuano, senza batter ciglio, nello stesso
punto, accanto ai cieli vacillanti
stretti allo spessore dell'acqua. Quale lacuna,
ma in gioventu si respirava piu l'antichita,
e il tuo amico con il taglio di dagherrotipo sulla spalla destra
si ergeva all'inizio dell'estate tra i raggi diurni,
arricciati dal ventaglio dei lunghi eczemi in una stanza, come
se non ci fosse altro ricovero, oltre
ai luoghi di valle, meno densi
dell'ingobbio di azzurro intenso tra le nicchie contate.
Dietro al bazar riluce una biciclettina, appoggiata al muro, nell'angolo,
dove ogni mattina una sacerdotessa mangiava un adone di farina, ma ora
vedo il cielo di maggio e due folli sulla riva,
che si azzuffano per bambole di argilla.
^

Il Ventaglio

I cibi medievali, di cui avete riempito la sala,
recitando come comparse fuori campo in un film italiano.
Una macchina passa accanto a crocifissioni sulla strada,
e il sogno prosegue in piena estate
senza dialoghi al primo piano di una casa affumicata.
Le ombre variegate hanno coperto il tuo gomito peloso,
piccola mummia maschile, come le lame annerite dei coltelli di Cust (9)
– appena estratte dallo scuro olio imputridito, che ribolle in una vasca, – con la gialla iscrizione al centro "la forza della cenere all'abisso celeste".
Poi pensi: il fiume Po o un treno nel finale,
e non si vede la fine di nulla.
Tu, che non conosci le tradizioni,
pero ne sei ghermito per lunghe ore secche sul balcone, nel cortile senza pietra
sopra la polvere carica di un ghigno sulfureo.
Quattro donne in nero – la fotografia si chiama cosi, quattro
donne vestite di nero, – (10)
scendono separatamente il cuneo marmoreo dei gradini torinesi,
e la mano sinistra dell'ultima, la piu anziana, e posata
sui bianchi solchi del muro dell'ospizio dei poveri.
La semplice aria nei raggi di luglio,
l'urlo di due minuti di un giovane muezzin, i semini d'uva sulle
assi carbonizzate nella profondita del giardino. Una schiera di storie non avveratesi,
come se non fosse accaduto altro, oltre ad esse,
come se vi nutrisse l'acre idealismo dei libri non letti,
Pierre, le Georgiche parigine, i folli romanzi che ardono,
nei quali pure non accade nulla. Le amiche,
imitando le fanciulle vittoriane, conversano nel parco,
ma dov'e la tua risolutezza a vederle in quella luce,
senza cadere nel terrore, corrispondendo a te stesso nel mondo,
senza la cosa principale, senza il padre e il sole?
Quadri siffatti svaniscono rapidamente, senza bisogno di voi,
ma aiutandovi, per quanto strano, a rafforzarvi. Un pendio azzurro
oltre la pianura. Un raro vento dai monti
vaga accanto alla porta della stanza principale, tra
la calura e l'oscurita, nel vicolo cieco del lungo margine,
dove appare solo la strada, che invita in un villaggio zigano,
nel deserto, nella citta-traguardo, in un'arena disabitata,
spruzzata da una sabbia rossa.
Sotto le scarpe scricchiolano i vetri delle finestre della periferia,
il tuo piccolo idolo nel fumo diurno, il sud
e i vecchi vigorosi, che in un trance estenuante
tuttora odorano di sipr (11) nei giorni di mercato in terreni abbandonati.
Gli anasisty (12) su vecchie biciclette corrono verso un sabbioso altopiano.
Il cranio rasato del mio amico fuori citta,
lui rammenta una natura morta europea, le dita femminili,
che in una mattinata di settembre fanno la cernita degli umidi fiori.
Che differenza fa – come se anche qui echeggiasse
il fragore di spettacoli sacrali. Di sera
dai rioni vicini, tra le colline,
sgorga il fumo di un piatto di Kasgar (13),
ma un uomo sceglie la morte, non le donne,
si dice nel quadro, e la
si mostra un frammento, per il quale, ha detto lui,
darei proprio meta della vita. Si ergono
con i volti dei ladri di cavalli presso il ponte di cemento sul canale locale.
Il combattimento dei galli in una piazza senza vento. Perche
i giovani si impiccano, ha chiesto lei, e meglio
aprirsi le vene, una soluzione meno dolorosa? – si aggiusta i capelli, con una forcella
stretta tra i denti, davanti a un nobile specchio, o l'alba,
quando siedi sulla terrazza, il cui pavimento
e macchiato con il sangue di montone nella stagione dei matrimoni,
o i contadini di Bergamo, un campo oltre il vetro,
una soave polvere romanza ha pervaso i miei sogni di Fergana.
La tiepida alba gocciola in una nicchia della porta, e ancora dove,
sui telai delle finestre, coperte dai laccioli di esili crepe.
Che diro agli sventurati, impazziti per la moglie o i figli, –
che la resurrezione vale le attese? A chi oggi
si assegna il ruolo di statua intelligente, sdraiata
nella camera da letto e privata dei testimoni – non ci sono i parenti, ad esempio, della cugina
(l'eroe principale vuole castrare l'amante di lei, ma l'aria
della noia pomeridiana glielo impedisce),
ne i vicini, come al solito assopiti a meta giornata?
Ormai chauz, cioe lo stagno nel terzo mezzogiorno (non guizzano
neanche gli avannotti) delle brevi vacanze,
e la cenere umida – come un gelso sopra di esso,
non solo di inverno in un tramonto di gennaio.
Diventi romantico, ha detto lui, alle sue spalle
un albino con le galosce impolverate spezza una focaccia
sotto un gelso, che fruscia al debole vento.
L'interfluvio, ecce homo, ma ciascuno e bruno,
tutti, impietriti sulla terra pendente attorno a un campo di frumento, come
se potessero stabilirsi in una remota provincia
dopo la siccita di maggio: la quiete con nessuno.
Poi si vede il cielo di soda sopra le croste di terreno incolto.
Tuo fratello minore sulla carrozzina da invalido,
tu gli hai portato i libri dalla capitale,
questo brillio, questo. Il lento melos delle onde di fiumi torbidi,
che evocano per il colore le monete di Kusana.(14) Forse?…
La lenza del sudore estivo taglia la tua fronte nella calura del sabato.
^

Note:
1) Azrail, nella tradizione islamica, l'angelo della morte.
2) Arnold Toynbee (1889-1977), storico inglese.
3) Qasida, componimento poetico arabo.
4) John Constable (1776-1837), pittore inglese.
5) Mazar, presso gli islamici, costruzione sopra la tomba dei santi.
6) "Shan", ideogramma cinese, composto da tre tratti verticali, uniti da uno orizzontale.
(a forma di "E" capovolta). Significa "montagna"
7) Belacqua, personaggio dantesco, famoso per la pigrizia. Nel IV canto del Purgatorio appare seduto per terra, le braccia attorno alle ginocchia., e il capo chino tra le ginocchia stesse.
8) Tachisme, scuola pittorica che usa le macchie di colore, rientrante nell'avanguardia artistica della meta del XX secolo.
9) Cust, localita a nord di Fergana, antico centro noto per l'artigianato.
10) In italiano nel testo.
11) Sipr, acqua di colonia, che circolava in URSS negli anni '60.
12) Anasisty, fumatori di marijuana in Asia centrale.
13) Kasgar, citta della regione Xinjiang (Cina).
14) Kusana, dinastia centroasiatica, che nei secoli I-IV regno nell'India settentrionale e nella Battriana.

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