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PAOLO GALVAGNI – POESIA RUSSA IN ASIA CENTRALE: LA SCUOLA DI FERGANA

    "Fergana è una valle dimenticata da Dio e dagli uomini, la periferia delle periferie, ma al tempo stesso è un benedetto spazio vuoto, dove del tutto naturalmente risuona qualunque testo poetico (gli oggettivisti americani degli anni ’30, gli ermetici italiani degli anni ‘20, etc.)." Così ha scritto nel 1998 Šamšad Abdullaev, fine poeta e intellettuale uzbeco" (1).
    Fergana è una fertile valle, circondata dal Tien Shan e dal Pamir, situata nell’Asia centrale, nel punto in cui l’Uzbekistan si incontra con il Tadzikistan e la Kirgizija. È stata descritta come un antico mare senz’acqua, con spettri di onde luccicanti in lontananza: in un’epoca remota era un mare, che poi si è prosciugato.
    Fergana è anche una graziosa città, situata nella valle omonima, fondata nel 1877 dai Russi durante la spedizione in Asia centrale, che li portò alla conquista dell’antico canato di Kokand (2).
    L’architettura coloniale russa conferisce alla città la parvenza di una Macondo romantica e misteriosa.
    La cultura uzbeca è composta da fattori eterogenei: il fatalismo tipicamente orientale, l’elemento islamico, che affonda le sue radici nel sufismo, le grandi filosofie dell’Oriente (buddismo e taoismo), la vicinanza geografica e storica dell’India e della Cina.
    La poesia di Fergana comprende autori uzbechi, tagichi, tartari, ebrei, russi. Sono cresciuti e si sono formati in un’epoca in cui l’Asia centrale sovietica conosceva un periodo di ristagno e non disponeva di una intelligencija compatta. Come in tutte le periferie nazionalistiche dell’ex URSS, si tendeva a preferire il russo rispetto alla lingua locale. Passava attraverso questa lingua franca non solo l’istruzione scolastica e universitaria, ma spesso anche la cultura nelle sue varie forme (i libri, il cinema, etc). Per tale motivo questi autori scrivono poesia in russo, che considerano al pari della lingua madre, o, in certi casi, prima lingua. Il bilinguismo letterario non è un fenomeno raro nell’ex URSS. Si veda il noto romanziere chirghiso Cingis Ajtmatov, che ha scelto il russo come lingua letteraria.
    Questo originale movimento letterario si inserisce nella tradizione dall’avanguardia degli anni ‘60-‘70, costituita da letterati, musicisti e pittori. All’inizio degli ‘80 Šamšad Abdullaev, segretario della filiale di Fergana dell’Unione degli Scrittori (uzbeco-sovietici), fondò l’associazione letteraria "Soty" [Favo], che organizzava regolarmente iniziative varie (incontri, serate di poesia, etc.). Vi partecipavano Aleksandr Gutin, Grigorij Kohelet, Daniil Kislov e Chamdam Zakirov. Era l’embrione del futuro gruppo.
    La "scuola poetica di Fergana" nacque ufficialmente con questo nome nel 1991, quando sul numero di maggio di "Zvezda Vostoka" [Stella d’Oriente] (rivista di Taškent in lingua russa) fu pubblicata una breve antologia, che comprendeva testi di Abdullaev, Kislov e Zakirov.
    Sergej Timofeev, giovane poeta russo di Riga, ha espresso un giudizio favorevole su questo movimento: "La letteratura della scuola di Fergana è un fenomeno ragguardevole, che varca i limiti del mondo centro asiatico. I Russi si sono sempre interessati dell’Asia, ma l’hanno descritta dall’esterno. La scuola di Fergana è un grandioso esperimento, perché la vita asiatica è descritta dall’interno, in un russo originale … Qui anche i gatti si lavano a loro modo: "Il gatto fa amen, come uno sciita che prega con una sola mano"... Certo, Fergana non è solo questa sensazione dell’Asia eterna e pigramente contemplativa, ma in russo nessuno ancora aveva espresso questo nirvana così fedelmente... Versi non come equilibrismo letterario, ma come metodo effettivo per conoscere la vita" (3).
    La poesia di Fergana è stata influenzata da un lato dalla grande tradizione poetica orientale, in primo luogo cinese e giapponese; dall’altro ha risentito della poesia occidentale, nelle sue componenti principali – mediterranea e anglosassone. La poesia cui si ispirano questi autori è la più varia: il cinese Tao Yuan Ming, il giapponese Matsuo Basho, la raccolta di haiku Manyoshu, l'epica di Gilgamesh, Walt Whitman, Thomas Eliot, Ezra Pound, Giacomo Leopardi, John Donne, Williams Carlos Williams, Rainer Maria Rilke. Quanto alla poesia russa, è rimasta un po’ in ombra: gli autori uzbechi l’hanno tralasciata. Il loro interesse per altre culture poetiche è stato confermato da autori come Michail Kuzmin e Osip Mandel’štam.
    Questo rapporto di amore – odio per la cultura russa è singolare. La Russia può essere simboleggiata come un bosco rigoglioso dal clima umido, mentre Fergana è una valle soleggiata dal clima secco.
    È interessante la passione per la cultura italiana, in particolare per la poesia (Vincenzo Cardarelli, Dino Campana, Attilio Bertolucci, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, Mario Luzi) e il cinema (Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni).
    La poesia di Fergana appartiene alla tradizione della letteratura concepita non come frutto della nostra immaginazione, ma come visione e comprensione della realtà che ci circonda, come una componente imprenscindibile di essa. È una tradizione, in cui la scrupolosità dell’artista si manifesta soltanto nel compito di rendere l’impulso poetico così come è stato percepito. Essa rifiuta decisamente l’arte per l’arte, che ritiene ricolma delle ambizioni dell’autore e cieca nel tentativo di presentare il gioco intellettuale di costruzioni verbali.
    Secondo un’immagine di Chamdam Zakirov (4), a Fergana la terra è calpestata dal destino, l’aria è abbracciata dalla fiamma, il tempo si dissolve come la grandine di maggio. Sembra che non accada nulla, e il poeta afferra ciò a cui può aggrapparsi. È il fatalismo tipico del luogo. Qui tutti attendono qualcosa, ma non lo danno a vedere. Perché sanno di aspettare.
    L’Oriente è avaro di parole, è avaro di fatti. La poesia di Fergana, sorta in uno spazio arroventato, sulla carta pare celarsi dietro piccolezze per niente poetiche. È una poesia che si sbriciola tra le mani, come terreno seccato. Da qui la prudenza nelle parole e negli epiteti, l’assenza dell’emotività settentrionale, le crepe e le scheggiature che frantumano il ritmo, spingendolo ora verso un borbottio incomprensibile, ora verso un fruscio.
    Il volo di una vespa, l’erba frusciante, lo scricchiolio di una finestra, la voce di un amico, le donne che corrono a prendere l’autobus, un bambino, che guarda fissamente la polvere turbinante sul ciglio della strada – sono particolari con cui si ottiene l’unicità del frammento di vita, che scorre adesso, in un dato momento.
    La descrizione dell’oggetto è condotta a un naturalismo estremo attraverso stati d’animo irreali. Spiccano un peculiare lirismo depressivo, l’antistoricismo, l’avversione per l’azione e per la narrazione totalizzante. La realtà sociale si dissolve, l’eticità va in secondo piano. Abdullaev afferma "la priorità delle immagini visuali, prive di una riflessione complessa, di ricercate astrazioni e meditazioni riguardo ai valori sociali e morali predominanti..." (5)
    Nella cultura russofona dell’Uzbekistan ha svolto un ruolo decisivo la rivista "Zvezda Vostoka". Tra il 1991 e il 1996 ha pubblicato versi, racconti e saggi dei principali autori uzbechi, oltre alle traduzioni della letteratura mondiale (Quasimodo, Pavese, Luzi, Ben Jelloun, Ashberry, etc). Dopo il crollo dell’URSS è sorto l’Uzbekistan indipendente, caratterizzato da un forte movimento nazionalistico volto all’islam. È iniziata la decadenza del fenomeno culturale di Fergana, i cui rappresentanti hanno lasciato il paese.
    Ora gli esponenti della scuola di Fergana sono dispersi per il mondo, da Montreal a Gerusalemme, da Amsterdam a Mosca. Solo Abdullaev è rimasto in patria. Attualmente la scuola non ha sue edizioni, né suoi lettori. Deve rassegnarsi a una "presenza dispersa" per altre culture, concretizzata con pubblicazioni in Russia e nell’emigrazione. Ha un suo sito Internet, che assicura un’esistenza nel mondo digitale.

Note
1) Š. Abdullaev, "Poezija i Fergana" [Poesia e Fergana], "Znamja" (Mosca), 1-1998
2) La conquista dell’Asia centrale da parte dei Russi avvenne mediante una serie di audaci spedizioni militari, che si svolsero tra il 1865 e il 1877
3) S. Timofeev, "Fergana mon amour", "SM" (Riga), 1-2-1997
4) Ch. Zakirov, "Poezija posredstvennosti" [La poesia della mediocrità], "24 poeta i 2 komissara" [24 poeti e 2 commissari], 1994
5) Š. Abdullaev, "Vzgljad na poeticeskuju real’nost’" [Sguardo alla realtà poetica], "Zvezda Vostoka", n.7 – 1991

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